Storie della Terra di Kamen - La Stirpe dei Rakta


Inizia una nuova settimana all'insegna del fantasy su questo blog, questo nuovo racconto scritto da una mia amica è solo il primo di una serie di articoli a tema a cui sto lavorando in questi giorni  tempo permettendo verranno pubblicati prossimamente, quindi se non l'avete ancora fatto correte a leggere questo primo capitolo.


Storie della Terra di Kamen

La Stirpe dei Rakta

Il principe Aryun

Il regno di Kalos si ergeva al centro della Terra di Kamen, protetto da mura a Nord e a Sud. Ciò che le rendeva indistruttibili e invalicabili era un incantesimo lanciato dalla stirpe dei Rakta. Questa potente casata governava il Paese dalla capitale, Deira, dove sorgeva il palazzo reale.

Il principe Aryun, erede al trono di Kalos, camminava annoiato per i corridoi della reggia. Il sedicenne aveva lunghi capelli scuri legati in una treccia e occhi castani. Una tunica rossa abbracciava un fisico alto e asciutto.

Svoltò un angolo e notò in lontananza i genitori che parlavano con un generale. Lo sguardo di re Bastor era severo e i capelli, lunghi e neri, scivolavano su spalle possenti. L’uomo davanti a lui era più giovane, con una benda sull’occhio e una chioma castana, tirata all’indietro. La bellissima regina Hiranya ascoltava in silenzio accanto al marito.

Mentre Aryun si avvicinava a loro, udì parte del discorso.

«Quali notizie ci sono dal confine, Tarek?»

«Tutto è pronto, Maestà.»

“Stanno di nuovo parlando dell’esercito” pensò Aryun sbuffando “Che senso ha investire tante risorse nella forza bellica, se siamo protetti dalle mura?”

Bastor si accorse del ragazzo e lo guardò come se avesse visto un verme.

«Cosa vuoi, Aryun?»

«Niente, padre. Scusate se vi ho disturbato.»

«Allora vattene!» tuonò il re, voltandosi verso Tarek.

Il ragazzo cercò lo sguardo della madre per avere un po’ di considerazione, ma lei lo aveva ignorato da subito.

Aryun sbuffò e decise di tornare in camera.

Una volta davanti alla porta della stanza venne raggiunto dalla sua guardia del corpo. L’uomo dai baffetti neri e l’armatura boccheggiava esausto.

«Principe! Sono ore che vi cerco!»

Aryun lo ignorò e aprì la porta.

«Aspettate!» lo fermò, afferrandogli una spalla «Devo scortarvi nella sala da pranzo per la cena.»

«Non toccarmi, pezzente!» gli ordinò, scrollandosi la mano di dosso «Non ho fame. Rimarrò nella mia stanza.» così dicendo gli sbatté la porta in faccia.

Il ragazzo si sdraiò sul letto a baldacchino e si mise a pensare “Non ne posso più! Odio la mia famiglia e odio questa vita!”

I suoi occhi si posarono sull’anello reale che portava al medio. In un impeto di rabbia se lo strappò e lo lanciò contro lo scrittoio in legno.

Si alzò in piedi e strinse i pugni “Se anche me ne andassi, non importerebbe a nessuno!”

Nella sua mente si delineò un piano. Si avvicinò ad un armadio ed estrasse un sacchetto di velluto. Lo aprì e prese una delle pietre che conteneva.

Si trattava di un oggetto magico molto potente.

Nel regno di Kalos la magia poteva essere usata attraverso delle pietre. A seconda di forma e colore avevano effetti diversi. Si attivavano pronunciando una parola arcana.

Quando calò la notte, Aryun attuò il suo piano: già nascosto sotto il mantello, pronunciò la parola, lanciò la pietra oltre la porta e attese che la magia soporifera avesse effetto sulle guardie.

Assicuratosi che entrambe dormissero, sgattaiolò fuori dalla stanza.

Celato dall’oscurità si diresse verso la cucina per prendere alcune provviste. Il locale era vuoto e sul tavolo al centro c’era già tutto l’occorrente per la colazione. Aryun infilò tre pagnotte nella saccoccia e ne addentò una. Mentre stava masticando, notò lo scarico dei rifiuti e si ricordò che conduceva fuori dal castello. Nonostante fosse disgustato, capì che era l’unico modo per fuggire e scivolò lungo il cunicolo. Atterrò in mezzo ai rifiuti, dentro ad un grosso contenitore in legno. Con molta fatica e trattenendo i conati di vomito, riuscì a riemergere e a uscire dalla spazzatura.

Puzzando più di un vagabondo si diresse verso la città.

Al mattino, Deira brulicava di attività. I commercianti urlavano dalle bancarelle, gli animali si agitavano nelle gabbie e i carretti correvano lungo le vie principali. La città era più affollata del solito, soprattutto di nobili giunti per celebrare il Solrakta, la festa delle mura, anniversario del giorno in cui era stato lanciato l’incantesimo che garantiva pace e prosperità al Regno.

Aryun sedeva sul bordo della fontana al centro della piazza. Riaggiustandosi il cappuccio perché lo coprisse, si alzò, urtando un nobile che stava passando davanti a lui.

«Guarda dove vai, feccia!» urlò l’uomo stizzito.

Indossava vesti sontuose e i capelli lunghi, simbolo di nobiltà, erano scuri e ben curati.

«Come osi, bastardo?!» ringhiò Aryun, afferrando i risvolti della tunica.

Le guardie del nobile scattarono subito: gli tirarono uno spintone e lo fecero cadere.

«Guarda, guarda!» esclamò il nobile, osservandolo dall’alto in basso «Questa feccia ha bisogno di una lezione!»

Nessuno potè fare nulla. Una donna si mise in mezzo e un paio di braccia si avvinghiarono attorno al corpo di Aryun, trascinandolo via.

Il principe venne portato in un vicolo e liberato.

«Certo che sei un pazzo a prendertela con un nobile!» commentò lo sconosciuto.

«Come ti permetti?» abbaiò, tirandosi giù il cappuccio.

I suoi occhi incrociarono quelli viola del ragazzo davanti a lui. Un’immagine del passato tornò alla sua mente.

«Ci conosciamo?»


Come al solito se vi è piaciuto l'inizio del racconto potete votare come andrà avanti sul sito The Incipit dove è stato originariamente pubblicato.
L'idea che i lettori possano modificare il corso degli eventi è molto interessante e rende interattivo il rapporto con la storia, come per Lupo Solitario, ma in qualche modo secondo me castra la fantasia dello scrittore costretto in certi margini che la produzione autonoma non dovrebbe avere.
Comunque la cosa importante è che la fantasia, ed il fantasy, trionfi e quindi tali iniziative sono sempre ben accette.



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