La settimana di Lucca è passata ma la stanchezza rimane, anche se non ci sono andato con l'uscita di CoD ed altri lavori ma soprattutto con l'influenza che si trascina sono esausto, per questo in questi giorni ho deciso di prendere mano a vecchi post lasciati in stato di bozze da anni ed ecco dopo praticamente un anno la recensione di Song of the deep.
Spesso per decidere se prendere un titolo secondario mi affido a recensioni, video, o semplicemente mi fido degli autori dell'opera che ricchi d'esperienza possono fare un gran gioco anche con un budget limitato.
E' questo il caso di Song of the deep dei ragazzi di Imsomniac Games conosciuti più che altro per la serie di Ratchet e Clank e sebbene la qualità dell'opera è indiscutibile quello che mi sono trovato di fronte è molto diverso dalle aspettative.
Infatti Song of the deep è uno shooter sottomarino con elementi da metroidvania che vede la figlia di un marinaio costruire un sottomarino per cercare il padre perduto negli abissi.
Sebbene detta così possa sembrare la solita porcata con grafica retro per andare al risparmio invece questa piccola perla ha un comparto grafico e sono d'eccezione e la giocabilità è molto variegata.
Basta aver giocato a Metroid o gli ultimi Castlevania per capire al volo le meccaniche ce prevedono un discreto back tracking man mano che si sbloccano power up e poteri aggiuntivi così da accedere a zone prima impraticabili ed esplorare a pieno il fondale marino.
Questa avventura dai toni onirici e fiabeschi alla Jules Verne è incantevole e farà sognare i giocatori più smaliziati che sapranno cogliere l'emotività della storia oltre al puro gameplay e per questo molti si sono innamorati di questo controverso gioco.
La problematica risiede appunto in chi vuole un gioco action o uno shooter puro e si trova di fronte qualcosa di molto diverso da Ratchet e dalla sua frenesia.
Infatti Song of the deep è un titolo per pochi e difficilmente il giocatore medio che adesso si spacca di CoD potrà apprezzarlo ma resta comunque un titolo che anche dopo un anno dalla sua uscita merita di essere vissuto e per questo ho fatto la recensione anche dopo tanto tempo e rimettendoci le mani sopra ho trovato lo stesso magico feeling che mi aveva conquistato dimostrando appunto che un buon titolo invecchia bene.
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